A volte penso se ho veramente la sensibilità per essere un architetto.
Non è una riflessione scontata. Basti pensare a quanto ti incontri con un committente che, nella sua giusta ignoranza, cerca di trasmetterti i connotati che la sua futura casa dovrà possedere e l'Architetto, interprete tra ciò che è idea e ciò che è fatto, deve, in questo processo, riuscire a sintetizzare con una linea ciò che l'investitore vuole.
Un volere che è molto più profondo della semplice bellezza dettata dalla moda -definisco bellezza una parola popolare usata in modo inappropriato da persone saccenti che credono di poter battezzare oggetti con questo subdolo aggettivo-, un volere che è molto più profondo di vedere e apprezzare un desiderio realizzato.
Quello che un committente vuole è sentirsi a casa. La vuole amare perchè sa che è sua e nessun altro ha accesso ad essa. La bellezza che lui vuole va al di là dei connotati estetici globali. La casa vuole essere l'oggetto dei desideri che ogni giorno, in ogni momento, ti può trasmettere ciò che essa è, e non altro. La tua casa.
La casa è la vita di un uomo, una concezione materiale di un desiderio realizzato che si rinnova in ogni momento, ma che si può esprimere al meglio nei momenti di silenzio, in cui entri in contatto diretto con ciò che ti sta intorno. Stare in una casa propria significa provare sensazioni di sicurezza e dolcezza che solamente li puoi provare.
Non è bello l'avere un soggiorno disegnato e ordinato al meglio, ma è amorevole aver la sensazione di avere un soggiorno come il tuo più profondo desiderio ha voluto ed ha. Ed è proprio in quel momento in cui lo vivi che ti rendi conto di essere a casa.
Come quando apri la porta d'ingresso per entrarvi. "sono a casa!"
L'Architetto deve far sentire a casa i committenti, nella loro casa. E' un lavoro di sintesi percettiva che solo un ottimo progettista può compiere.
“L’ARCHITETTO, l’Artista, quando costruisce una abitazione non ne cerchi le lodi per valori formali, estetici o stilistici, o di gusto: questi valori dopo qualche anno sono “superati”. La massima lode alla quale deve aspirare è che gli abitatori gli dicano: Architetto, in questa casa che lei ha fatto per noi, noi viviamo (o abbiamo vissuto) flici: essa ci è cara. Essa è un episodio felice della nostra vita. Ma perché ciò avvenga occorre che l’Architetto badi più agli abitatori che all’estetica, e raggiungerà solo così un’estetica di valori sicuri, espressi da forme giuste, un’estetica di forme indiscutibili, vere: umane. […]
L’ARCHITETTO, l’Artista, per interpretare il personaggio sia curioso degli uomini e delle donne: li ami e le ami: il vero Architetto dovrebbe innamorarsi, per ogni casa che costruisce o arreda, degli abitatori (e delle abitatrici).”
2 comments:
belle riflessioni...anche se già lette...
bravo pippo per averle ricordate.
ciao!
archi-efix.
Filippo,
hai toccato il punto cruciale dell’architettura ‘il committente’.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
P.S.: Non riesco a trovare la tua mail. Come posso fare?
Post a Comment