Sunday 17 October 2010

così

il momento in cui pensi che niente è importante
il momento che vivi in solitudine
il momento che odi
il momento che ti fa odiare te stesso
il momento in cui non ti sei reso conto di cosa ti stesse accadendo
il momento in cui qualcuno ti ha ringraziato
il momento in cui tu hai detto grazie a qualcuno, ma questo non ti ha ascoltato
il momento in cui tu hai salutato qualcuno che non conoscevi
il momento che ti ha segnato la giornata
quel momento in cui hai sorriso
il momento in cui ti senti più forte di prima e vai avanti
il momento in cui ti rialzi
il momento in cui ti accorgi di essere più grande
il momento in cui stringi tra le tue braccia una persona
il momento in cui ti senti bene con te stesso
il momento in cui fai un favore agli altri
il momento in cui inizi ad amare

un sorriso

A volte vivi dei momenti in cui non vorresti esserci mai entrato,
non vorresti nemmeno sfiorare certe situazioni, ma soltando dire che sai come funzionano le cose.
Vorresti a volte invece entrarci per poter appoggiarti al male per poter deviare da situazione scomode.
Molte volte invece preferisci lasciare agli altri il proprio destino.
Quasi tediato da quello che ti circonda a volte succede che ti chiudi e inizi a pensare.

E forse tutto il male viene per poter spronarti, per farti star meglio
E' proprio vero che alcune persone le incontri quando non te lo aspetti
E' proprio vero che la felicita' la puoi incontrare solamente quando riesci a rialzarti da terra.

Sunday 25 April 2010

Modernismo

La ricerca della bellezza ha sempre portato le persone ad uno studio approfondito di ciò che l’estetica potesse dare a loro in termini pratici.
Andando con ordine potremmo capire come ciò che è bello sia cioè una pura intuizione dell’occhio umano di fronte ad un formalismo estetico che risponde strutturalmente a delle esigenze artistiche spesso personali.
Una bellezza quindi soggettiva che trae la sua espressione formale da una intuizione pura.
Purezza che sta alla base dell’oggettività di un’opera analizzata; proprio perchè pura, quest’opera deve essere completa in ogni sua parte in quanto può essere giudicabile.
Giudizio che ha delle cause non banali quali la completezza e la purezza intuibile.
Non sarebbe tale se l’opera non fosse compiuta. Proprio perchè “un giudizio estetico può compiersi nel momento in cui la mente umana percepisce una sequenza di elementi, come una sequenza di note nel caso di una composizione musicale, di colori nel caso della pittura, o di spazi nel caso dell’architettura” (J.F. Herbart). C’è da dire inoltre che un giudizio, di qualunque genere esso sia, non può rivelarsi se non in uno stato di assoluta indifferenza, oggettività di fronte a quell’opera che è in analisi, in modo da poter mantenere un equilibrio mentale che trascende da eccitazione e malinconia.

Ma facciamo un passo indietro…o meglio cerchiamo di capire in che epoca viviamo…

Fino a pochi secoli fa il punto di riferimento per qualsiasi architettura era la classicità; quella storia, quel punto fisso che fungeva da mediatore tra la teoria e la pratica architettonica. Nell’ultimo periodo si affrontano in modo completamente diverso questi aspetti progettuali. Il nodo che tiene insieme l’architetto al pensiero architettonico è la funzione sociale che l’opera del primo dovrà avere. Questo implica un approccio al progetto che pone in primo luogo il problema della forma generica che risponde a delle esigenze sociali. Ed il risultato di ciò lo si ritrova nella modernità.

E’ importante capire ciò perchè significa che andrà perso il valore formale dell’edificio come unico, come entità isolata rispetto al contesto. “In termini pragmatici è chiaramente impossibile creare un edificio specifico avendo come obiettivo un fine assoluto prefissato, poichè ciascuna nuova unità non solo cambierà l’ordine esistente, ma modificherà anche, con la sua stessa presenza, ogni unità futura” (P. Eisenman)

Mi trovo d’accordo con lo stesso Rowe quando dichiarava che nulla più poteva succedere in architettura dopo il 1965, ovvero dopo la morte di Le Corbusier. Rowe infatti interpreta l’operato dell’architetto svizzero come fosse il punto di arrivo del “più sofisticato formalismo modernista”.

Al giorno d’oggi potremmo rifarci benissimo al pensiero kantiano secondo cui ciò che è al centro dell’idea di forma è proprio il processo di comprensione inteso come pura forma dell’intuizione o come forma del pensiero, cioè come processo concettuale attraverso il quale vengono mediate le diverse forme dell’intuizione. Per Kant il concetto di forma non si riferisce alla fenomenologia superficiale delle cose, ma al processo di formazione della rappresentazione degli oggetti della natura. Come ha sostenuto Gasché, l’idea di forma è il processo di sintesi senza il quale nessuna intuizione sensibile e nessun processo cognitivo potrebbero avverarsi.

Thursday 4 March 2010

dedicato ad una persona

A volte basta un attimo e a volte serve una vita per capire chi si ha di fronte.
A volte viviamo di illusioni e proprio quando questo specchio si rompe scopriamo cosa invece avremmo dovuto vedere già da tempo..

Sembra che a volte il mondo giri intorno a noi e ad un certo punto tutto quello che è stato diventa solo un ricordo insieme al mondo...
Altre volte ci svegliamo e ci accorgiamo che viviamo in un mondo che mai ci saremmo aspettati.

Possiamo essere forti, capaci, intelligenti o ottimi prestigiatori,
ma non riusciremo mai ad ingannare il nostro destino
perchè è proprio lui che è più furbo di noi.
Non altri.

...a volte basta un piccolo gesto per scoprire che in fondo un sorriso può cambiarti la giornata...
...il tocco di un bambino, un abbraccio e altri piccoli gesti che con la loro delicatezza ci trasmettono forti emozioni.

A volte ci addormentiamo così sereni che vorremmo fosse mattina di nuovo.
Altre volte invece abbiamo paura di svegliarci.
Non sempre tutto va come può sembrare.
La cosa importante è sapere che ogni giorno noi cresciamo
e questo è il dono più grande che ci è concesso.
Solo così riusciremo a capire quanto sia bella e grande la semplicità.

Friday 26 February 2010

Elogio A Peter Eisenman

Peter Eisenman, Architetto ebreo, un uomo che è sempre andato controcorrente rispetto alle icone moderne dell’architettura, un Architetto che ha sempre vissuto il lavoro progettuale come il risultato di tessuti fisici, culturali e storici di ogni luogo che andavano a formare quello che lui definisce “Layer”.
Su di lui ci sarebbero molte cose da dire iniziando dagli studi che ha condotto nella sua carriera accademica e professionale. Partendo dalla rappresentazione ideologica dell’architettura all’interno delle religioni ogni forma, immagine, rapporto tra gli elementi assume un carattere sacro in quanto dettato da connotati che annunciano alla forma di comporsi in un certo modo.

“Combinare tra loro i diversi elementi, passare in seguito alle differenti parti degli edifici, e da questi all’insieme: tale è il percorso che si deve seguire quando si vuole imparare a comporre; al contrario, quando si compone, si deve cominciare dall’insieme, continuare con le parti e finire con i dettagli.”


Gli studi dei templi greci rimangono l’elogio dell’architettura classica, il tentativo di avvicinare l’uomo a Dio con la rappresentazione di elementi e forme architettoniche che, composte insieme, instauravano un rapporto di armonia che diventava intangibile.
“Esiste una nuova sensibilità nata dalle fratture del 1945 […] essa è emersa da qualche cosa che il modernismo non ha intravisto: il fatto cioè che nessuna delle generazioni precedenti aveva mai potuto affrontare il problema della potenziale estinzione dell’intera civiltà prima d’oggi, quando ciò è stato reso possibile dall’avvento della scienza, della tecnologia e della medicina moderna.
Questa ipotesi della fine entro gli orizzonti del presente ha frantumato la classica condizione triadica del tempo – presente, passato e futuro – e insieme ad esso la sua ‘continuità’ e il suo ‘sviluppo’. Prima il presente era visto come un momento compreso tra passato e futuro. Ora il presente contiene due poli senza relazione: una memoria di questo tempo precedente e progressivo, e un’immanenza, la presenza della fine – la fine del futuro -, una nuova qualità del tempo.”

LA LETTURA FORMALE

Dante, nella sua lettera a Cangrande dice che una lettera va letta in due distinti modi ognuno con due significati diversi: uno è il significato letterale che racchiude il senso ovvio di una frase, il secondo è il significato allegorico e cioè quel meccanismo per il quale, leggendo una frase, ne viene intesa un’altra.
Eisenman, nel suo libro “Giuseppe Terragni: trasformazioni, scomposizioni, critiche” trova lo spunto per poter dare una spiegazione di come lui intende il progetto analizzando il lavoro di un architetto italiano, Terragni e, sotto molti aspetti e studi, ripercorre lo studio dell’architettura leggendola in modi e strati diversi; in questo libro si sofferma di più su una lettura sintetica e formale e non analizza a pieno l’aspetto “allegorico”. Legge il lavoro di Terragni in modo logico, e non cronologico, analizzando l’opera come se il tutto fosse riconducibile ad un aspetto testuale dell’architettura spiegando che ogni opera può essere trasformata in una critica testuale alla quale si può portare un proprio apporto. Nel suo libro spiega che inoltre esistono architetture talmente “aperte” a letture testuali che “…sostituiscono le interpretazioni canoniche con l’uso di un discorso prima di tutto formale, definito all’interno dei parametri di un periodo storico.. ovvero certi edifici liberano le relazioni tra le implicite e stabili convenzioni iconiche, storiche estetiche e funzionali”.. e la Casa del Fascio è uno di questi edifici.

La lettura di un edificio quindi diventa molto più complessa di quello che può sembrare: assume un aspetto teorico che viene sviluppato dal progettista, un aspetto critico formale basato sulle condizioni temporali dell’opera e un aspetto critico formale basato sulle condizioni canoniche dell’opera che porteranno ad una sintesi critica formale che avrà una chiave di lettura più generale.

1.L’aspetto teorico sviluppato dal progettista racchiude nel progetto un’analisi storico formale dell’edificio tale per cui si vengono a creare delle condizioni di unicità e di alterazione funzionale che collocano l’immagine dell’architettura in un’icona rappresentativa stabile. Basti vedere opere come il Monumento alle vittime dell’Olocausto realizzato nel 2005 a Berlino; quando viene chiesto ad Eisenman il significato di quest’opera lui risponde: “Il mio non vuole essere un luogo della memoria, non vuole ricordare le vittime, non vuole denunciare nessun orrore perché quel tipo di orrore è irrappresentabile, ogni descrizione è comunque inadeguata». E’ per questo che il luogo da lui creato non rappresenta un ideale ebreo o cattolico fondato, ma ha il compito di far sentire il soggetto in una condizione di estraneità all’interno dell’opera, come se fosse in un luogo che ti vuole proporre lo stesso sentimento di terrore e paura dei deportati.

2.L’aspetto critico formale che si basa sulle condizioni temporali dell’opera è un meccanismo che suscita e nasce nel momento in cui l’opera stessa viene analizzata e studiata considerando e comparando lo schema formale architettonico, il quale deve essere inteso come un processo strategico non narrativo che assume caratteri culturalmente cronologicamente tipici, alle trasformazioni e scomposizioni formali dei modelli architettonici di quell’epoca. L’intreccio tra questi studi fa si che il progetto può risultare un modello da sottoporre ad un’analisi di scomposizione e lettura logica che può essere assunta per collocare l’architettura in una cultura, situazione politica o dibattito determinati.

3.L’aspetto critico formale legato alle condizioni canoniche dell’opera porta invece ad uno studio legato molto di più ad un’analisi logica e storica dell’architettura, con schemi, strategie, forme e culture che interferiscono nella chiave di lettura critica. Uno studio di trasformazione formale che diventa critico, nel senso che le tracce del processo progettuale sono viste come elementi che sconvolgono l’interpretazione formale e funzionale tradizionale degli stessi processi.

LA “VERITA’”

Aristotele: “come una cosa si pone rispetto all'essere, così si pone rispetto alla verità”.

Come l’architettura chiede di essere rappresentata attraverso il suo carattere più classico, la forma, così questa si pone di fronte alla verità di se stessa.

La verità dell’architettura che è l’assimilazione tra la verità teorica di se stessa e la sua rappresentazione, risiede nella somiglianza perfetta di un’opera con il suo significato più profondo.

Prendiamo come esempio il Monumento alle vittime dell’Olocausto di Eisenman: la verità della sua opera è ciò che ha rappresentato nel modo più logico e concettualmente profondo. E’ riuscito ad riunire l’ideale del massacro e nella codificazione formale dello stesso utilizzando una codificazione diagrammatica senza la quale l’ideale di perfezione formale sarebbe caduto nell’ideale di perfezione geometrica (“Il termine olocausto viene principalmente utilizzato per indicare lo sterminio sistematico di milioni di ebrei”)


P.S.

“Ecco quindi il paradosso della composizione moderna: l’abbandono della figura – fondamento della composizione classica – implica la sua necessaria ri-affermazione, il frammento, per negarla, deve continuare a parlare della figura. Questo postulato, che si regge fino a quando la contraddizione che implica è esplicitamente accettata in una condizione di media di frammentazione, crolla e si autonega quando viene portato alle estreme conseguenze.
Se partendo da un quadrato bianco definito solo dal suo contorno – la figura -, cominciassimo a suddividerlo con delle linee nere in superfici più piccole – in frammenti – e continuassimo, aggiungendo linee su linee, a frammentarlo in parti via via più piccole, arriveremmo alla fine ad annerire tutto il quadrato; finiremmo cioè per riavvicinarci sempre di più alla ri-affermazione del contorno fino a ritornare alla condizione iniziale di figura. Qualcosa di molto simile sembra accadere in quei casi in cui la cultura moderna tenta di cogliere, ponendole su un piano ideale, le estreme conseguenze della frammentazione..”



“Eisenman 1960-1990. Dall'architettura concettuale all'architettura testuale” – F. Ghersi

Giuseppe Terragni: trasformazioni, scomposizioni, critiche – P. Eisenman

The Formal Basis of Modern Architecture – P. Eisenman

http://arching.wordpress.com

http://www.emis.de/