Peter Eisenman, Architetto ebreo, un uomo che è sempre andato controcorrente rispetto alle icone moderne dell’architettura, un Architetto che ha sempre vissuto il lavoro progettuale come il risultato di tessuti fisici, culturali e storici di ogni luogo che andavano a formare quello che lui definisce “Layer”.
Su di lui ci sarebbero molte cose da dire iniziando dagli studi che ha condotto nella sua carriera accademica e professionale. Partendo dalla rappresentazione ideologica dell’architettura all’interno delle religioni ogni forma, immagine, rapporto tra gli elementi assume un carattere sacro in quanto dettato da connotati che annunciano alla forma di comporsi in un certo modo.
“Combinare tra loro i diversi elementi, passare in seguito alle differenti parti degli edifici, e da questi all’insieme: tale è il percorso che si deve seguire quando si vuole imparare a comporre; al contrario, quando si compone, si deve cominciare dall’insieme, continuare con le parti e finire con i dettagli.”
Gli studi dei templi greci rimangono l’elogio dell’architettura classica, il tentativo di avvicinare l’uomo a Dio con la rappresentazione di elementi e forme architettoniche che, composte insieme, instauravano un rapporto di armonia che diventava intangibile.
“Esiste una nuova sensibilità nata dalle fratture del 1945 […] essa è emersa da qualche cosa che il modernismo non ha intravisto: il fatto cioè che nessuna delle generazioni precedenti aveva mai potuto affrontare il problema della potenziale estinzione dell’intera civiltà prima d’oggi, quando ciò è stato reso possibile dall’avvento della scienza, della tecnologia e della medicina moderna.
Questa ipotesi della fine entro gli orizzonti del presente ha frantumato la classica condizione triadica del tempo – presente, passato e futuro – e insieme ad esso la sua ‘continuità’ e il suo ‘sviluppo’. Prima il presente era visto come un momento compreso tra passato e futuro. Ora il presente contiene due poli senza relazione: una memoria di questo tempo precedente e progressivo, e un’immanenza, la presenza della fine – la fine del futuro -, una nuova qualità del tempo.”
LA LETTURA FORMALE
Dante, nella sua lettera a Cangrande dice che una lettera va letta in due distinti modi ognuno con due significati diversi: uno è il significato letterale che racchiude il senso ovvio di una frase, il secondo è il significato allegorico e cioè quel meccanismo per il quale, leggendo una frase, ne viene intesa un’altra.
Eisenman, nel suo libro “Giuseppe Terragni: trasformazioni, scomposizioni, critiche” trova lo spunto per poter dare una spiegazione di come lui intende il progetto analizzando il lavoro di un architetto italiano, Terragni e, sotto molti aspetti e studi, ripercorre lo studio dell’architettura leggendola in modi e strati diversi; in questo libro si sofferma di più su una lettura sintetica e formale e non analizza a pieno l’aspetto “allegorico”. Legge il lavoro di Terragni in modo logico, e non cronologico, analizzando l’opera come se il tutto fosse riconducibile ad un aspetto testuale dell’architettura spiegando che ogni opera può essere trasformata in una critica testuale alla quale si può portare un proprio apporto. Nel suo libro spiega che inoltre esistono architetture talmente “aperte” a letture testuali che “…sostituiscono le interpretazioni canoniche con l’uso di un discorso prima di tutto formale, definito all’interno dei parametri di un periodo storico.. ovvero certi edifici liberano le relazioni tra le implicite e stabili convenzioni iconiche, storiche estetiche e funzionali”.. e la Casa del Fascio è uno di questi edifici.
La lettura di un edificio quindi diventa molto più complessa di quello che può sembrare: assume un aspetto teorico che viene sviluppato dal progettista, un aspetto critico formale basato sulle condizioni temporali dell’opera e un aspetto critico formale basato sulle condizioni canoniche dell’opera che porteranno ad una sintesi critica formale che avrà una chiave di lettura più generale.
1.L’aspetto teorico sviluppato dal progettista racchiude nel progetto un’analisi storico formale dell’edificio tale per cui si vengono a creare delle condizioni di unicità e di alterazione funzionale che collocano l’immagine dell’architettura in un’icona rappresentativa stabile. Basti vedere opere come il Monumento alle vittime dell’Olocausto realizzato nel 2005 a Berlino; quando viene chiesto ad Eisenman il significato di quest’opera lui risponde: “Il mio non vuole essere un luogo della memoria, non vuole ricordare le vittime, non vuole denunciare nessun orrore perché quel tipo di orrore è irrappresentabile, ogni descrizione è comunque inadeguata». E’ per questo che il luogo da lui creato non rappresenta un ideale ebreo o cattolico fondato, ma ha il compito di far sentire il soggetto in una condizione di estraneità all’interno dell’opera, come se fosse in un luogo che ti vuole proporre lo stesso sentimento di terrore e paura dei deportati.
2.L’aspetto critico formale che si basa sulle condizioni temporali dell’opera è un meccanismo che suscita e nasce nel momento in cui l’opera stessa viene analizzata e studiata considerando e comparando lo schema formale architettonico, il quale deve essere inteso come un processo strategico non narrativo che assume caratteri culturalmente cronologicamente tipici, alle trasformazioni e scomposizioni formali dei modelli architettonici di quell’epoca. L’intreccio tra questi studi fa si che il progetto può risultare un modello da sottoporre ad un’analisi di scomposizione e lettura logica che può essere assunta per collocare l’architettura in una cultura, situazione politica o dibattito determinati.
3.L’aspetto critico formale legato alle condizioni canoniche dell’opera porta invece ad uno studio legato molto di più ad un’analisi logica e storica dell’architettura, con schemi, strategie, forme e culture che interferiscono nella chiave di lettura critica. Uno studio di trasformazione formale che diventa critico, nel senso che le tracce del processo progettuale sono viste come elementi che sconvolgono l’interpretazione formale e funzionale tradizionale degli stessi processi.
LA “VERITA’”
Aristotele: “come una cosa si pone rispetto all'essere, così si pone rispetto alla verità”.
Come l’architettura chiede di essere rappresentata attraverso il suo carattere più classico, la forma, così questa si pone di fronte alla verità di se stessa.
La verità dell’architettura che è l’assimilazione tra la verità teorica di se stessa e la sua rappresentazione, risiede nella somiglianza perfetta di un’opera con il suo significato più profondo.
Prendiamo come esempio il Monumento alle vittime dell’Olocausto di Eisenman: la verità della sua opera è ciò che ha rappresentato nel modo più logico e concettualmente profondo. E’ riuscito ad riunire l’ideale del massacro e nella codificazione formale dello stesso utilizzando una codificazione diagrammatica senza la quale l’ideale di perfezione formale sarebbe caduto nell’ideale di perfezione geometrica (“Il termine olocausto viene principalmente utilizzato per indicare lo sterminio sistematico di milioni di ebrei”)
P.S.
“Ecco quindi il paradosso della composizione moderna: l’abbandono della figura – fondamento della composizione classica – implica la sua necessaria ri-affermazione, il frammento, per negarla, deve continuare a parlare della figura. Questo postulato, che si regge fino a quando la contraddizione che implica è esplicitamente accettata in una condizione di media di frammentazione, crolla e si autonega quando viene portato alle estreme conseguenze.
Se partendo da un quadrato bianco definito solo dal suo contorno – la figura -, cominciassimo a suddividerlo con delle linee nere in superfici più piccole – in frammenti – e continuassimo, aggiungendo linee su linee, a frammentarlo in parti via via più piccole, arriveremmo alla fine ad annerire tutto il quadrato; finiremmo cioè per riavvicinarci sempre di più alla ri-affermazione del contorno fino a ritornare alla condizione iniziale di figura. Qualcosa di molto simile sembra accadere in quei casi in cui la cultura moderna tenta di cogliere, ponendole su un piano ideale, le estreme conseguenze della frammentazione..”
“Eisenman 1960-1990. Dall'architettura concettuale all'architettura testuale” – F. Ghersi
Giuseppe Terragni: trasformazioni, scomposizioni, critiche – P. Eisenman
The Formal Basis of Modern Architecture – P. Eisenman
http://arching.wordpress.com
http://www.emis.de/
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